Le sirene

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TOPIC_ICON12  view post Posted on 11/9/2011, 11:26     +1   -1

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Le sirene



sirena
Cominciamo con lo splendido mare che, secondo antichi confini, orlava a occidente la Lucania.
Donne bellissime che, seducenti, apparivano tra le spume del mare chiedendo con un canto suadente ai marinai di interrompere la loro solitaria navigazione, di indugiare con loro....
Nessuno, meno l’astuto Odisseo, resisteva all’invito - che precedeva una fine crudele - ed il mancato ritorno di tanti marinai, insieme alla dolce ma infame lusinga raccontata dai superstiti, furono premesse formidabili per diffondere il mito delle Sirene, che trova le sue prime origini nella terra degli Arii, incredibilmente lontana nel tempo e nello spazio.

Ma come poté nascere questa leggenda di sempre?
Incentrata sull’inesauribile fascino del femminile, essa viene indagata in questo capitolo.


Il mito delle sirene


Più delle leggende, delle massime, dei proverbi - di solito nati più tardi- è il mito che, svelato, diventa storia. E, supponendo di trovarci in terra lucana, parliamo delle Sirene, due delle quali, secondo Licofrone, Apollonio Rodio ed altri, avevano dimora e culto sulle coste che a questa regione appartenevano secondo i suoi più antichi confini, precisamente a Licosa e a Palinuro-Molpa, mentre altre due ebbero stanza nella penisola di Sorrento e a Napoli. Premesso che mito vuol dire parola, racconto, “e, in quanto parola, anche narrazione primordiale tratta da un tempo oscuro e mancante di storia, cosa favolosa della quale si parla come esistente, ma che veramente non sia” dobbiamo ammettere che ad esso si attaglia un linguaggio di sogno, mentre assai male rendono rigide parole scritte con la pretesa che possano “squadrare l’animo nostro informe”. Occorre, dunque, un linguaggio di sogno col quale è più facile tentare di esprimere la tendenza primitiva a personificare eventi e fenomeni: e l’uomo lo ha fatto col cielo, col vento, col fulmine ecc., ma anche con quei fatti, con quelle inspiegabili coincidenze che condizionavano la sua esistenza. Tra queste non poteva mancare l’esperienza base della “attrazione e danno” che caratterizzava frequenti situazioni nella sua vita e del mondo attorno a lui: si pensi, ad esempio, a tutte le imprese che, attirandolo col miraggio di conseguire fama e ricchezza, si concludevano invece con la sua rovina o la sua morte. Più semplicemente si pensi agli inganni tesi dall’uomo ai suoi nemici (ad es. il cavallo di Troia) o alle sue prede (le esche sulle trappole per i selvatici): fatti, questi che, sempre sostanziando l’esperienza base in oggetto, non potevano sfuggire all’esigenza di una rappresentazione, di una “personificazione”.
Né questo processo deve suscitare incomprensione poiché costituiva una forma di approfondimento, di “spiegazione” da parte dei primitivi, come noi interessati al quia.
E furono appunto queste personificazioni, queste interpretazioni personalistiche, frequente origine della inconsapevole creazione dei miti. In seguito il processo della mente umana si caratterizza attraverso un sempre più ampio riconoscimento delle forze naturali esterne all’uomo e si riduce così il campo della persona.
Sirena_alata
Ma torniamo ai miti, in particolare a quello delle Sirene, esseri, questi, cui viene universalmente riconosciuto il ruolo di “attrarre e procurare sventura” ed il cui nome deriverebbe da una radice sanscrita (svar=cielo) legata al significato di “splendore” (e quindi “attrazione”) oppure, secondo altri etimologi (forse più verosimilmente avendo esse fama di demoni dal canto seduttore) dalla base semitica “sjr, che vuol dire cantare.
Di esse si legge nel Pianigiani (op. cit.): “esseri mitologici il cui busto era di vaga donna e terminava in pesce, i quali avendo stanza sul lido del mare adescavano col soavissimo canto i naviganti per poi farli naufragare”.
Sostanziava questa favola il mortale rischio di coloro che, dirigendo la nave verso tratti di mare resi splendenti dalla poca profondità delle acque, increspate e suonanti, si perdevano con essa. Continua, il Pianigiani, sempre con riferimento alle Sirene e in armonia con quanto detto: “ebbero questo nome perché in origine furono il simbolo della piana e lucida superficie del mare, sotto la quale stavan coperti gli scogli e i banchi di sabbia; donde la favola che fossero vergini fanciulle le quali, stanziate in un’isola, colla dolcezza del loro canto attraevano a sé i naviganti e poi li uccidevano. Omero ne annovera due e le colloca in un paese immaginario; di poi furono comunemente tre lungo la costa meridionale d’Italia.
Più tardi appaiono talvolta come geni della morte e il loro canto è funereo, tal’altra come immagine di un’attrattiva irresistibile e ingannatrice”.

Tuttavia in una più approfondita lettura del mito dobbiamo riconoscere che l’accostamento delle Sirene al mare nulla ci dice delle origini del mito stesso, quando cioè esse venivano rappresentate come donne-uccello : dobbiamo, piuttosto, prendere atto che la prerogativa del canto come richiamo si sposa meglio a questa primitiva figurazione (per antonomasia gli uccelli sono canori e col canto si richiamano e attraggono l’uomo) che è propria della cultura vedica (i Greci inizialmente conservarono l’immagine della Sirena come donna-uccello. Si vedano in proposito le numerose raffigurazioni tra le quali ricordiamo quella, assai bella, su un’anfora dipinta da Python e conservata nel museo di Paestum, la pittura vascolare del mito di Ulisse (British Museum), la Sirena sull’omonima porta di Paestum, le figurazioni sul vaso greco, detto delle Sirene, esposto nel Museo Correale di Sorrento ed infine l’inedita anfora del VI secolo riportata in figura 18. Le prime rappresentazioni come donne-pesci si hanno, invece, in un vaso di Megara del II secolo a.C. (Museo Nazionale di Atene) e in una lucerna romana del I-II secolo d.C. (Royal Museum di Canterbury). La scena riprodotta è sempre quella che ricorda la vicenda di Ulisse, ma questa volta ad insidiarlo sono, appunto, donne-pesci). Nelle leggende brahamaniche troviamo le Apyas, “lusinghiere ed omicide”, con quelle qualità, cioè, che da sempre le distinguono, donde probabilmente le Arpie greche. Queste ultime infatti sono anch’esse donne-uccello e sono legate al concetto di possessività muliebre e all’immagine dell’uccello di rapina (arpazo = rapisco, strappo a forza). Evidenti le analogie con la Sfinge, la Gorgone e la Medusa: sfingi ed arpie son poste sulle steli dei sepolcri, sempre in relazione al causare la morte di chi osi accostarsi ad esse con desiderio, inoltre la Sirena è posta, come avvertimento e come genio custode, sulla omonima porta della città di Paestum.
Fin qui, tuttavia, nulla che spieghi perché il concetto di “lusinga-morte” (trappola, adescamento e morte, inganno, sofferenza) si manifesti come immagine di donna-uccello nel Rigveda, come prodotto di una cultura lontana dal mare e familiarizzata con le grandi pianure e i grandi spazi interni, nonché con la fauna ad essi collegata, e come immagine di donna-pesce quando divenne successivamente patrimonio di quelle civiltà che nel mare trovavano una loro ragione d’essere (ferma la perennità dei valori arcaici, l’antica religione iranica, giunta attraverso una peregrinazione durata molti secoli sulle rive dell’oceano Indiano, adatta i propri miti al mondo del mare e, come Varuna, somma divinità vedica, diventa Signore dei flutti, così le Sirene donne-uccello divengono donne-pesci. E’ evidente, da quanto sopra, che il mito greco delle Sirene, che a lungo ha continuato a rappresentarle come donne-uccello, si è distaccato dalla matrice in una profonda antichità, prima che le popolazioni dell’interno, che avevano concepito il mito, si spingessero fino al mare. Ricostruzioni di questo tipo, ipotizzabili senza forzature alla distanza di tre o quattro millenni e a migliaia di chilometri dal “focolaio” iniziale, sono la prova della potenza altrimenti inimmaginabile della tradizione).
Ma, solo che un po’ ci si rifletta, ecco che la spiegazione appare immediata come quando affiora alla coscienza, finalmente compreso, il significato di un sogno, di un archètipo dell’inconscio collettivo (gli archètipi sono simboli (qualcosa che ha valore per quel che significa e non per quel che rappresenta), che ritroviamo nei miti, nei riti, nelle religioni, nell’arte, nel folklore, nei sogni di culture pur tra loro separate da spazio e da tempo. Secondo una visione diversa da quella junghiana, che afferma l’origine innata degli archetipi, propendiamo a pensare piuttosto che essi sarebbero stati concepiti dall’uomo in modo spontaneo ed immediato fin dalla più remota preistoria, in rapporto alla sua stessa esistenza e all’ambiente in cui viveva, così come i miti più elementari e semplici nati nei primordi più lontani che sia possibile immaginare: l’Urzeit dello spirito umano. L’immenso intervallo di tempo trascorso avrebbe portato a velarne le origini ed essi, in parte nati da un’attività psichica questa sì legata a fattori genetici, si sono diffusi nel mondo insieme con l’uomo, si sono tramandati attraverso l’eredità culturale così da apparirci presenti sempre e dovunque. Anche se non manca oggi chi, con poca verosimiglianza ritiene che acquisizioni culturali, dopo migliaia di generazioni entrino a far parte dell’apparato biologico - Anati 1992, pagg. 121 sgg.).
La donna-uccello o la donna-pesce sostanziano, con la metà superiore, la donna come massima attrazione e, con la metà inferiore, una natura non umana e, assieme con questa, l’indicazione della impossibilità di ottenere da essa la prosecuzione della vita e quindi delusione, morte. Come, se non immaginando un mostro quale le Sirene, poteva una mente primitiva “sognare” (visualizzare) l’esperienza base “attrazione-morte”? come, se non immaginandolo attraente come una vergine e mortale, sterile, come un essere con cui è inutile unirsi? In altri termini quando l’uomo primitivo ha voluto simboleggiare, “inventare” qualcosa (una figurazione, naturalmente, poi diventata un simbolo) che difendesse, con la sua sola presenza, città, tombe o itinerari segreti, che servisse ad intimorire, spaventare, distogliere l’uomo da certe azioni, egli “pensò”, al di fuori di ogni processo razionale, l’immagine di un qualcosa di attraente (per antonomasia la donna) con la contestuale presenza di elementi idonei ad annunciare la “non vita”, l’estinzione, la morte.


Leggende e origine
- Tra fiabe e favole -


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L’origine delle sirene è antichissima.
Già nella mitologia ellenica le sirene erano creature incantatrici che attiravano con i loro irresistibili canti i malcapitati marinai verso le sponde, facendoli naufragare (vedi la leggenda dell’Ulisse di Omero), oppure erano identificate come mostri con un corpo di uccello e una testa di donna (nelle storie degli Argonauti). Famose erano le sirene che abitavano le coste della Magna Grecia: Partenope (che diede il nome all’antica città di Napoli), Ligea e Leucosia.

Nella tradizione europea dal medioevo in poi (dalla descrizione che troviamo nel “Liber Monstrum”, assumono le sembianze di meravigliose creature metà pesce e metà donna, e diventano creature buone, dolci e leggiadre, perdendo la primitiva connotazione malvagia.

Tutti i popoli costieri conoscono almeno una sirena, una creatura che li assiste lungo i viaggi per mare e nei momenti più brutti del lavoro di pescatori. La figura della sirena compare in molti bestiari medievali, accanto ad altre creature fantastiche come i draghi e gli unicorni. Secondo alcune leggende nordiche le sirene possono cambiare sembianze a contatto con la terra ferma, trasformando le pinne della coda in gambe e assumendo di nuovo fattezze ittiche al contatto con l'acqua.

ariel
Molte fiabe raccontano di sirene che vogliono diventare umane a tutti gli effetti, con gambe e braccia al posto della coda e delle pinne. La favola di Andersen, ripresa da Disney nel cartone animato del 1989 “La Sirenetta”, ha fatto della protagonista la più famosa delle sirene di tutti i tempi, un fanciulla graziosa ed innamorata della vita terrestre (e di un bel marinaio).

bella
Narra la leggenda che Ercole staccò il corno ad Acheloo, il dio con corna e con la coda di serpente. Dalla ferita caddero dodici gocce (un'altra versione parla di sei) e da quelle gocce vennero fuori le prime sirene…

Lasciando per un attimo da parte le leggende, le origini del mito delle sirene sono oscure e discordanti: quando nacquero non erano donne-pesce, ma donne-uccello. I greci le descrivevano come immensi uccelli con testa di donna. E’ solo nel Medioevo che il Liber Monstruorum o il libro dei mostri parla delle sirene come donne-pesce.

In origine dunque esse avevano corpo d'uccello dai lunghi artigli, con grossi seni e volto di donna. Questa fisionomia ben si associa alla caratteristica del canto ammaliatore, essendo il canto elemento tipico degli uccelli e non degli esseri marini. Il loro nome deriverebbe da una radice sanscrita (svar=cielo) legata al significato di “splendore” (e quindi “attrazione”) oppure, secondo altri etimologi dalla base semitica “sjr", che vuol dire cantare.

Come si sia passati poi dalla figura di donna-uccello a quello di donna-pesce, resta un mistero. Tra le ipotesi, un errore di trascrizione, dal latino 'pennis' (penne, piume) a 'pinnis' (pinne). Un'altra ipotesi è che il mito donna-uccello sia nato in paesi lontani dal mare, o in zone interne, una figura mitologica molto simile come raffigurazione e attitudine alle Arpie, per mutarsi poi in donna-pesce quando il mito delle sirene ha raggiunto culture rivierasche, proiettate verso il mare.

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Il più noto riferimento alle sirene è forse quello tratto dall'Odissea, quando la maga Circe avverte Ulisse del pericolo che le sirene rappresentano con il loro canto ammaliatore e gli suggerisce di tappare le orecchie dei marinai con della cera. Ulisse, se vuole ascoltare questo canto, deve farsi legare saldamente all'albero della nave, ordinando ai marinai di non slegarlo, qualsiasi cosa egli dica od ordini loro. Con questo trucco, Ulisse può sentire il canto, pur scampando il pericolo.

Meno noto, l'incontro di Giasone e degli Argonauti con le sirene, di cui ci narra Apollonio Rodio ne 'Le Argonautiche'. In questo caso fu Orfeo a salvare i marinai dal canto delle sirene, suonando a sua volta in maniera così melodiosa che gli uomini ascoltarono lui e ignorarono le sirene che, deluse e umiliate, si tolsero la vita gettandosi da una rupe.

Ma il mito delle sirene non si limita al bacino mediterraneo: è presente anche nelle mitologie scandinave, irlandesi e inglesi, tedesche, russe e in quelle del medio oriente e dei paesi asiatici. Spesso alla figura femminile si aggiungono anche figure maschili, come Tritone, figlio di Nettuno, nella mitologia greca, Ningyo in Giappone e Vatea, “il creatore”, in Polinesia.


Le Sirene nell'arte


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L'aspetto delle sirene

La sirena, è la più celebre e la più rappresentata tra le creature fantastiche.

Essa è un ibrido di donna e di pesce, le cui origini si ricollegano ai Tritoni della mitologia greca.

Il suo busto è alquanto seducente, con seni prominenti, mentre il resto del corpo si allunga in una coda di pesce, singola o doppia.

Questo essere dal corpo flessuoso e dalla capigliatura fluente simboleggia tutte le seduzioni femminili e le tentazioni demoniache che queste ispirano.

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Il canto delle sirene

Attraverso le loro melodie incantatrici, le sirene attiravano i naviganti, portandoli a sicura rovina.

In Campania le troviamo scolpite nei capitelli delle colonne che sorreggono gli amboni delle maggiori cattedrali romaniche a ricordo del male e del peccato che sono sempre in agguato sotto forme seducenti.

Sculture, capitelli, statue, pitture, decorazioni in mosaico e vetrate davano corpo alle fantasie dell'immaginario collettivo del tempo, specialmente quella maschile, illustravano i possibili aspetti della vita quotidiana, ma testimoniavano anche la lotta tra il Bene e il Male.

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Le sirene di Virgilio

In età augustea, la leggenda della maledetta attrazione delle Sirene, riviveva ancora nei versi dell'Eneide (libro V, 864-865), quando Virgilio cantava "Iamque adeo scopulos Sirenum advecta subibat difficilis quondam multorumque ossibus albos".. " e già (la nave) si appressava agli scogli delle Sirene, un tempo rischiosi e biancheggianti per le molte ossa ".

Le Sirene cantano....e se le Sirene stessero in silenzio?

In un racconto, Kafka afferma che la cosa più terribile da sopportare, sia proprio il silenzio della Sirena.

sirene_vaso
Le sirene donne uccello

I Greci inizialmente conservarono l’immagine della Sirena come donna-uccello.

Si vedano in proposito le numerose raffigurazioni tra le quali ricordiamo quella, assai bella, su un’anfora dipinta da Python e conservata nel museo di Paestum, la pittura vascolare del mito di Ulisse (British Museum), la Sirena sull’omonima porta di Paestum, le figurazioni sul vaso greco, detto delle Sirene, esposto nel Museo Correale di Sorrento.

Quando venivano rappresentate come donne-uccello la prerogativa del canto come richiamo era più aderente alla leggenda: gli uccelli sono canori per antonomasia e col canto si richiamano e attraggono l’uomo.

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Le sirene e Ulisse

Donne bellissime che, seducenti, apparivano tra le spume del mare chiedendo con un canto suadente ai marinai di interrompere la loro solitaria navigazione, di indugiare con loro....

Nessuno, meno l’astuto Odisseo, resisteva all’invito, che precedeva una fine crudele.

La leggenda di Ulisse diffuse il mito delle Sirene, che trova le sue prime origini nella terra degli Arii, incredibilmente lontana nel tempo e nello spazio, dal mondo occidentale.

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Le sirene pagane e cristiane

L'iconografia delle sirene è costantemente presente nell'arte pagana e nell'arte cristiana medievale fino al XII secolo.

Nel tempo, però, le rappresentazioni di queste figure fantastiche si sono diversificate, per esempio col passaggio dalle sirene-uccelli alle sirene-pesci, alle sirene con due code e addirittura a sirene maschi risentendo profondamente delle mentalità e dell'immaginario collettivo espresso nei testi letterari.

Il recupero da parte del cristianesimo di un tema così profondamente pagano come quello della sirena, testimonia la vivacità del passaggio di valori culturali dall'Antichità al Medioevo, un passaggio avvenuto con l'utilizzo di allegorie.

sirene_mosaico
Significato delle sirene

Gli studiosi affermano che ogni rappresentazione medievale della sirena, come uccello o pesce, sia parte di una rappresentazione simbolica, ma al contrario, la maggior parte di queste raffigurazioni hanno un carattere esclusivamente decorativo e dunque devono essere studiate in rapporto alla visione ornamentale dei tempi.

A questo ragionamento fa eccezione la sirena con due code, una figura molto utilizzata dagli scultori romanici e che, in virtù della sua doppiezza e dell’impudica posizione delle sue code, significa la tentazione che ammalia e conduce alla perdizione.

sirene_sirenetta
Le sirene nell'era moderna

Nel Medioevo la sirena, affascinante e crudele, si confonde spesso con l’inquietante arpia, avvoltoio del mondo sotterraneo...

Risale forse a questo periodo storico la trasformazione radicale della sirena da donna-uccello a donna-pesce.

Nel secolo scorso le sirene sono riapparse sempre a fianco di Ulisse e nelle fiabe per bambini.

Se le sirene hanno perso le ali, che potevano essere interpretate come un mezzo per alzarsi verso il cielo, hanno perso anche la caratteristica maligna del canto incantatore che portava gli uomini alla morte.

La sirenetta della favola di Andersen è buona ed è innamorata di un essere umano.

Forse per questo è diventata il simbolo della città di Copenaghen.

Per vederla basta fare una passeggiata per il “Kastellet”, dove si trova una roccia con la statua in bronzo della sirena.

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Storie di Sirene e Marinai

Nel 1614 viene raccontata (come vera) una storia d’amore tra un marinaio ed una sirena.

Le storie d’amore tra l’uomo e la sirena sono meravigliose, ma finiscono sempre male: l’uomo, accompagnato nelle profondità degli abissi in palazzi sottomarini, non può più liberarsi dal vincolo di quell’amore.

Molto disponibili ad aiutare i naufraghi, le sirene li nutrono e li accudiscono ma poi, nei rapporti "traditi", non li lasciano andar via e spesso li uccidono.
Nelle leggende popolari sono presenti con vari nomi: in Germania è la "nixen", sirena malvagia che spinge l’uomo al suicidio, nei Paesi Bassi sono le "Merminnes", meno crudeli, ma molto vendicative.

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Le sirene ...da strada

Oggi le chiamano anche Sirene, hanno perso oltre le ali, anche la coda di pesce, ma si fanno via via, sempre più simbolo di pericolosità.

Le sirene hanno perso l’oscurità dei loro capelli, ora sono bionde, hanno chiome lunghe e fluenti, ondulate come il mare.

Assieme allo specchio, simbolo che rimanda al doppio, all’ombra e all’inganno, le sirene usano il pettine, termine che, etimologicamente, rimanda alla sessualità.

Ciò che lo specchio offre è l’immagine di un corpo nel quale la parte animale ha preso il sopravvento.

Le sirene moderne sono impregnate di una sessualità che era totalmente assente nelle sirene primitive.

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Le vere sirene

Due sono gli animali marini che, con le loro forme, si prestano a supportare le leggende: il lamantino, un mammifero che vive alla foce dei grandi fiumi africani e americani, e il dugongo, un cetaceo erbivoro dell’Oceano Indiano.

Entrambi appartenenti alla classe dei Sirenidi, hanno grandi seni rotondi privi di peli e quando allattano i loro piccoli emergono dall’acqua con il tronco.

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Le sirene nel Primo Novecento

John William Waterhouse, pittore inglese che visse fra la fine dell'Ottocento ed i primi del Novecento, fu affascinato dal mito delle sirene e dipinse parecchi quadri che le ritraevano.

Secondo un'antica leggenda tedesca, sulle sponde del Reno viveva una volta una bellissima fanciulla di nome Lorelei, la quale, credendo di aver perduto il suo amore, si gettò per la disperazione nel fiume.

Dopo la sua morte ella venne trasformata in sirena e rimase a infestare la ripida roccia, proprio nel punto più angusto e pericoloso del Reno.

I naviganti che la scorgevano intenta a pettinare i suoi lunghi capelli ne rimanevano incantati e, seguendo il suo canto ipnotico, naufragavano contro le rocce o venivano risucchiati nei gorghi.

Sempre secondo la leggenda, “Lorelei un giorno attirò un giovane nocchiero verso un gorgo e lo fece morire.
Solamente più tardi la sirena si accorse che il giovane altri non era che il suo amante mortale, che un tempo credeva di aver perduto."

Così pentita, Lorelei si gettò dalla rupe che già tante vittime aveva provocato, morendo tragicamente a sua volta”.

sirene_legno sirene_bitonto_piccola




Alcune immagini delle sirene...




 
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interessante! :woot:
 
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XD Come potevo non postare qualcosa sulle sirene visto che in molti test mi è uscito che sarei una sirena? XD

 
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view post Posted on 13/5/2012, 16:40     +1   -1

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Stavo pensando di aggiungere qualche dipinto sulle sirene, suggerimenti? .-.
 
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