Votes taken by LightLilith

view post Posted: 15/10/2011, 10:48     +1Bronze Tinsel - Draghi


I Draghi Bronze Tinsel


Bronze Tinsel Series: Bronze.gifBronzeS1.gifCOTe.gifEsTg.gif.png


I draghi Bronze Tinsel sono stati assegnati ai quindici terzi posti del Tree Decorating contest (in pratica una gara a chi decorava meglio l'albero natalizio). Pertanto, ci sono solo quindici CB Tinsel (riferito ai soli draghi di bronzo, cioè "bronze", tinsel significa anche orpello in inglese, tra i tanti significati) esistenti. Poco dopo esser stati rilasciati, questi premi, sono stati considerati una delle razze più rare e pregiate del sito. Tuttavia con l'aumento della specie, stanno diventando sempre più comuni. Attualmente sono considerati tra i rari e i non comuni come rarità.

Esistono anche le varianti Gold e Silver dei Tinsel (oro e argento, andate agli altri vincitori).

Questi draghi non hanno un nome ufficiale, ma il loro spriter ha iniziato a chiamarli, a riferirsi a loro col nome "Tinsel". Molti membri del forum ufficiale li chiamano "Prize Dragons" (draghi premio).


Gli attuali "nomi" di tutti i draghi CB Bronze Tinsel sono:
  • Alcoholic (Vein)
  • Antihypertensive (Aht6)
  • (ARMY)
  • Brazen Zalvaris CB (1219)
  • Bronze Herz 'Anzu' Zephyr (Anzu)
  • Bronze Ivy (Rnbw)
  • Cayvyn (Ryko)
  • Cielatal (aBv6)
  • Darkrose (1337)
  • (fUck)
  • Galletian Victory (Wyms)
  • Hypnotizing (wish)
  • Roreng Freshly Baked WaffleWing (A76J)
  • San Victorus (NCjU)
  • Tanoth the Dragon King (Wish)

Tutti i draghi Bronze Tinsel discendono da uno di quei draghi (attualmente).


Descrizione:

Adult/Adulto:

None
Nessuna descrizione.


Matured Hatchling/Cucciolo Maturo:

"Aww... It's a cute baby dragon. And look! It's grown its wings! It must be close to maturing."
"Aww ... E 'un cucciolo di drago carino. E guardate! Sono cresciute le sue ali! Deve essere vicino alla maturazione."


Hatchling/Cucciolo:

"Aww... It's a cute baby dragon."
"Aww ... E 'un cucciolo di drago carino."


Egg/Uovo:

"This egg is very reflective, almost metallic-looking."
"Questo uovo è molto riflettente, quasi metallico osservandolo."



Bronze Tinsel Dragon
EsTg.gif.png

Release Date

February 13, 2011

Rarity

Rare

Color

Bronze

Breed specific action

None

Nicknames

Prize Dragon, Bronze Prize Dragon



Ma ora passiamo alle domande. Qualcuno ha questo drago? Che ne pensate del Bronze Tinsel? Vi piace più o meno degli altri tinsel, o comunque degli altri draghi in generale? Voi avete partecipato al contest dello scorso Natale in cui erano in palio?

view post Posted: 2/10/2011, 11:38     +1Ciao! - Presentazioni
Solo con te. XP Di solito le nuove arrivate le molesto e non tornano più. u.u"

view post Posted: 2/10/2011, 08:50     Ciao! - Presentazioni
Ciao pirla, se ti presenti a quell'ora nessuno ti da il benvenuto! XD

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view post Posted: 30/9/2011, 20:54     +1By rosedragongardens.com - Other adoptions
XD Prego, se ti crei un account posta pure gli strambocosi che non capisco se sono semi, uova o fiori. O.o

view post Posted: 23/9/2011, 17:09     +1Draconomicon - About Dragons

Draconomicon
il grande tomo sui draghi

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“I draghi sono saggi, oracoli, fonti di sapere
E profeti delle cose che verranno.”

Tratto da "Draconomicon"


Il culto del drago ha origine con l’uomo stesso, in ogni cultura ancora esistente, si ha a che fare con creature simili a grandi rettili che posseggono capacità straordinarie quali il volo e la possibilità di generare il fuoco.
Inuith, polinesiani, aztechi, tutti popoli che narrano di questo leggendario animale
Questi sono solo esempi di come questa creatura sia costante in ogni era, popolo e cultura e la lista si potrebbe allungare aggiungendo Cuculcan ai Maya o Coactl agli aztechi che attribuivano ad esso l’appellativo di mangiatore di uomini; per quanto riguarda le credenze dell’ Europa occidentale il drago viene visto come emblema della violenza, della forza, del valore, per questo popoli come gli Assiri, i Parti, gli Sciiti, i Galli, i Bretoni, i Sassoni ed i Normanni usavano ornare i loro stendardi con questo simbolo, o i Vichinghi che realizzavano navi con la forma di Drago per intimorire i nemici (Drakkar), mentre a Roma la parola Dracones significava potere in Cina Long era il termine usato per definire questo essere che portava benevolenza, fortuna, fertilità e simbolo dello Yang, ossia il lato luminoso presente in ogni cosa. Nelle culture asiatiche il Re Drago è il signore dell’acqua, della pioggia che scende al cielo; tutt’altro significato gli viene attribuito dalla diffusione del cristianesimo dove diviene il male allo stato puro, la tentazione di Satana che seduce i credenti, e quindi deve essere sconfitto dal prode cavaliere che, immancabilmente viene santificato: Nell’Apocalisse esso viene sconfitto da San Michele, in Inghilterra gli tocca stessa sorte con san Giorgio,tutto ciò perché “il drago rappresenta le forze ostili del cosmo che l’eroe deve domare”.

Tratto da "Dràkon" tesi a cura di E. Alabiso


Ma ora veniamo al Draconomicon:

Cos'è questo Draconomicon? E' un manuale che parla interamente di draghi.
Cosa contiene il Draconomicon? Contiene molte info utili sul combattimento draconico et similia,
oltre a tanto materiale tipo nuove prestige (anche per
draghi), nuovi talenti (tipo i talenti di metasoffio...), molte illustrazioni e altre chicche...


Descrizione volumi:

Draconomicon I: Draghi Cromatici

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Questo volume descrive numerose varietà di draghi, inclusi i draghi rossi, blu, verdi, neri e bianchi, assieme a tre nuove tipologie di draghi cromatici. Vengono descritti i poteri dei draghi, le tattiche, i miti che li accompagnano, le tane, i loro servitori e molto altro ancora. In aggiunta questo volume fornisce nuove informazioni sulle nazioni dei draghi, le loro organizzazioni e come i draghi cromatici si inseriscano all’interno del gioco di D&D. Storie ad ampio raggio ed elementi delle campagne offrono ai DM la possibilità di incorporare i draghi nel loro gioco, assieme a regole pronte per essere utilizzate, spunti d’avventura, missioni e tesori dei draghi pregenerati.









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Draconomicon II: Draghi Metallici

“A differenza dei loro simili cromatici, i draghi metallici sono… complicati… la loro fedeltà e le loro motivazioni sono difficili da discernere. Possono essere giusti e generosi, ma anche misteriosi e subdoli. Ma soprattutto, non bisogna mai dimenticare che sono draghi: creature scaltre, vanitose, imperiose, orgogliose e di una potenza devastante. Sii prudente quando hai a che fare con loro.” — Nimozaran, mago di Fallcrest Questo supplemento di Dungeons & Dragons descrive i draghi di adamantio, argento, oro e rame descritti nel Manuale dei Mostri 2, oltre a molti altri draghi metallici tra cui quelli di acciaio, cobalto, mercurio, mithral e orium. Il volume contiene nuovi poteri, tane, tattiche e servitori. Inoltre, questo libro contiene informazioni sul ruolo dei draghi metallici all’interno del goco di D&D e su come usarli come nemici, assieme a materiale pronto per giocare come agganci per avventure, imprese e trappole.






In poche parole:

E' uno dei vari manuali di D&D, specifico sui draghi, in cui vengono descritte le varie specie con statistiche di gioco, ma non solo: c’è anche la descrizione dalla loro vita sociale, ed un grande capitolo sull’anatomia esterna ed interna.

Qui viene trattato il Draconomicon di D&D in primis, ma veranno riportate altre versioni, parti dello stesso separate, ecc.


Versione inglese del Draconomicon 4 edizione in pdf qui oppure qui;
Versione del Dragonomicon realizzata da La Locanda delle due Lune in italiano qui;
Versione 3.5 del Draconomicon in italiano in formato pdf qui.

view post Posted: 23/9/2011, 15:34     +2Dragon Trainer, con la Dreamworks i draghi diventano reali - About Dragons

Dragon Trainer, con la Dreamworks i draghi diventano reali

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Se si pensa a Shrek, Madagascar e Kung Fu Panda non si può che aspettare con trepidazione Dragon Trainer. Sono infatti gli stessi creativi dell’animazione della Dreamworks a regalarci un nuovo cartoon che unisce risate, rapporto tra uomo e mondo animale, avventura.
Diretto da Chris Sanders e Dean DeBlois, Dragon Trainer è basato sui luoghi fantastici descritti dal libro di Cressida Cowell. L’adolescente vichingo Hic (a cui nella versione originale dà la voce Jay Baruchel; Flavio Aquilone nel doppiaggio italiano) vive sull’isola di Berk, dove combattere i draghi è uno stile di vita. Ma lui è mingherlino: le ragazze vichinghe lo superano in mascolinità! E poi è un progressista e le sue opinioni e il suo senso dell’umorismo mal si conciliano con gli ideali della sua tribù e del suo capo, nonché padre, Stoick l’Immenso (Gerard Butler/Roberto Draghetti). Ogni tentativo di farsi rispettare fallisce immancabilmente: è l’emblema del vichingo ridicolo.

L’intelligenza di Hic è sottovalutata e la sua mancanza di muscoli è vista come un difetto insormontabile. Finché l’incontro con Sdentato, un drago ferito che diviene suo amico, e il suo modo di fare diverso non porteranno addirittura a rivoluzionare lo stile di vita della sua tribù… Il tutto tra voli di draghi e lotte con l’emozione del 3D. E con una visione dei draghi diversa da quella classica: Sdentato ha nelle sue espressioni poco della fisionomia dei soliti draghi fantasy, e molto di vero. “Abbiamo iniziato a pensare a creature come i grandi felini, le pantere nere e non tanto ai rettili” spiega DeBlois. “Questa è la direzione che abbiamo deciso di percorrere, soprattutto pensando allo sguardo di Sdentato, che poi è il tratto distintivo che avrà molta importanza nella scena della liberazione da parte di Hic”.

“Per me un film sui vichinghi e i draghi è una gioia che si realizza” dice Butler. “Ci sono tantissimi combattimenti, ci sono draghi che attaccano il villaggio e poi lotte tra i draghi stessi. È come avventurarsi in una corsa folle tra le montagne russe“.

view post Posted: 23/9/2011, 14:54     +1Il simbolismo e la mitologia del drago: tutto quello che avreste voluto sapere sui draghi - About Dragons
XD Ora mi metto a cercare qualcosa sulla fisionomia dei draghi e come disegnarli... .-.

view post Posted: 23/9/2011, 14:24     +2Il simbolismo e la mitologia del drago: tutto quello che avreste voluto sapere sui draghi - About Dragons

Il simbolismo e la mitologia del drago: tutto quello che avreste voluto sapere sui draghi e non avete mai osato chiedere


Mostro+Hsiang+Yu
Nel 2000 l'astrologia cinese celebrò l'anno del Drago di Metallo. Quell'anno la rivista Arti d'Oriente gli dedicò un articolo per ripercorrerne la simbologia e la leggenda, curato da Saverio G. Lungrich-Stift. Spero di fare cosa gradita ripropronendolo a chi non ha avuto occasione di leggerlo. Buona lettura.


"Quando il drago ruggisce i monti tremano, quando il drago sussurra il saggio ascolta"

Proverbio cinese


"Quando una tigre ruggisce, soffiano i venti della tempesta,
quando un drago canta, le nubi si radunano.
Il verso di una lepre o il raglio di un asino
non hanno invece alcun effetto sul vento e sulle nubi".

Nichiren Daishonin (monaco buddista giapponese, 1222-1282)

Il colpo poderoso della coda di un drago spazza via il decrepito millennio, mentre i suoi occhi acuti illuminano brillanti le nebbie del futuro. Il 5 febbraio 2000, infatti, è in iziato per la Cina l'anno del dragone di metallo, che si concluderà il 24 gennaio 2001. Si tratta di un evento denso di significato per l'Estremo Oriente, per l'importanza preminente che la figura del drago riveste in ogni aspetto della cultura orientale. Tanto che i draghi orientali hanno la mitologia più registrata al mondo. In realtà. i draghi popolano da migliaia di anni le leggende di ogni parte della terra, il che ne fa delle figure mitologiche degne non solo del massimo rispetto, ma anche di grande interesse. Il drago, figura archetipa del mondo e della sua creatura più fantasiosa, l'uomo.
La natura ha dotato l'essere umano di un sistema nervoso che gli consente una ricchissima elaborazione della realtà che crede percepita oggettivamente, sino a creare al suo interno un infin ito mondo parallelo di rappresentazioni fantasmatiche. Gli intellettuali sono stati pertanto indotti a credere che il mito poggi su una base di realtà. E il drago è un mito diffusissimo, caratterizzato da tratti costanti. Anche gli adstrati testimoniano quest'ampia diffusione omogenea, dal greco drakon - che indica con rilevanza filologica un serpente - al latino draco, al francese antico dragon, all'inglese medioevale drago(u)n. Ma se l'opinione comune generale, in Oriente come in Occidente, è che i draghi non siano creature reali, un gran numero di persone non ne esclude un'esistenza passata, magari proprio sotto forme zoologicamente più accettabili e meno fantasiose di quelle immortalate dall'iconografia. A questo proposito le teorie dilettantesche, alla pari delle fantasie puerili che ne sono alla base, possono suggerire numerose proposte. Una delle più comuni è l'identificazione con specie di dinosauri. In realtà lo stato attuale della scienza paleontologica ci informa che passarono quasi cento milioni di anni dalla scomparsa dei dinosauri, nel periodo cretaceo del l'era mesozoica, alla comparsa dei primi ominidi bipedi, circa sette milioni di anni or sono. Oppure qualche dinosauro sopravvisse ai cataclismi che segnarono la terra nella preistoria e che uccisero i suoi compagni? Allora, se di derivazione da sauri preistorici bisogna parlare, non sarebbe più realistico supporre che gli antichi videro scheletri interi e ben conservati di dinosauri, i quali influenzarono massicciamente la loro immaginazione? Tra l'altro, in cinese la parola per dinosauro è kung lung, cioè "drago terrorizzante". L'immaginazione dell'uomo contemporaneo, del resto, segue sentieri paralleli, nella facilità di paragonare la figura del drago a quella di antenati di rettili, mammiferi o uccelli attuali, come iguanodonti, stegosauri, anchilosauri,teropodi e gli straordinari pterosauri. Allo stesso modo, ancora oggi non sono pochi gli animali che possono ricordare un drago: dalle iguane, ai draghi di Komodo, finanche alle libellule, che del resto nel giurassico erano grandi come uccelli di taglia media. Non dimentichiamo infatti che in base a un'analisi del mito draconiano sarebbe più verosimile pensare ai draghi come ad animali di piccole dimensioni, tra il mezzo metro e i tre metri. Altre ipotesi pongono in campo teorie vaghe sviluppatesi dall'evoluzionismo di matrice darwinista, spiegando la creatura drago come un arcano prodotto dell'evoluzione di rettili primitivi, gli stessi che secondo rami di sviluppo differenti diedero vita a dinosauri, a mammiferi e ad altri rettili più evoluti. Oppure il drago potrebbe essere, nell'evoluzione successiva della materia vivente, una mutazione di passaggio tra i dinosauri e i mammiferi, come accadde realmente a rettili che possedevano alcune proprietà dei mammiferi e che in effetti possono ricordare dei draghi.

Il simbolo del drago
In ultima analisi, qualunque realtà sia all'origine del mito del drago, ai più apparirà senza dubbio più realistico dire che il mito si basa sempre su un'istanza umana, una necessità di produzione della mente. Va da sé, dunque, che la mitopoiesi sia un veicolo d'elezione - e da ciò parte del suo grande fascino - per lo studio e la comprensione dell'uomo stesso. E poiché la simbologia del drago ha permesso di compensare più di una istanza dell'essere umano, il drago si fa mezzo di conoscenza dell'uomo. A livello simbolico, più ancora che nei tratti somatici e leggendari, si pone una divisione macroscopica tra le due maggiori famiglie di draghi, quella orientale e quella occidentale. Vieppiù, non tanto nel simbolismo,quanto nel modo del l'uomo di rapportarsi a esso nelle due diverse aree culturali. Il simbolismo del drago in sé ha infatti numerosi e rilevanti tratti in comune tra i due emisferi: primitivamente i draghi erano ovunque associati alla padronanza delle potenti forze primordiali della "Grande Madre Terra",impersonando le quali essi potevano farsi sia creatori che distruttori, detentori di un controllo sul destino dell'umanità. Energie caotiche al di fuori del controllo - quando non addirittura della comprensione - dell'uomo, il quale le vede manifestarsi con un senso di enorme meraviglia e spesso di grande timore reverenziale. Un esempio pressoché ubiquo è rappresentato dall'attribuzione ai draghi del controllo delle forze violente delle acque nelle loro varie forme. Non solo l'Estremo Oriente, ma anche l'Africa e l'Europa possiedono leggende sotto questo segno; tra gli esempi più celebri il fiume III in Tirolo, che era personificato da un drago e il fiume Rodano in Provenza, dove viveva la femmina di drago La Tarasque, che fu uccisa da santa Marta con una croce e dell'acqua santa. Neppure è un caso che i draghi, alla pari di altre creature dai tratti fantastici, popolino sempre luoghi inaccessibili - cioè non facilmente esplorabili dall'uomo e quindi misteriosi - come il fondo dei mari o dei laghi, il cielo, o remoti antri montani. Lì possono trovare dimora le paure degli uomini, collocate nell'ignoto. Il mistero è anche qui, come altrove, una ch iave per capire vari collegamenti tra miti e corrispettivi spunti mitopoietici. Ma proprio qui si può ravvisare il sorgere di una consueta differenza di approccio allo stesso simbolo tra Oriente e Occidente: in Oriente l'uomo sceglieva di conciliarsi, integrarsi e finanche sottoporsi, adorandole, alle sopraccitate potenze cosmiche selvagge; e allora ecco i riti e le usanze per compiacere il drago, cioè, alla fine, la natura e suscitarne le manifestazioni utili, bandendo quelle dannose. In Occidente, invece, si ergeva a loro dominatore e regolatore: l'uomo regolato del cosmo antropocentrico che doveva porre rimedio al caos primigenio. Ne deriva che in Occidente il drago è visto per lo più negativamente, mentre in Oriente può provocare manifestazioni sia benigne che maligne, che neppure vengono pensate con questi attributi, ma solo come aspetti diversi della natura, senza un giudizio etico.
A ogni modo, il drago - creatura carnale o simbolica - si associa nella maggior parte dei casi a paure innate e predisposte. Il fatto che nell'aneddotica occidentale il giovane dovesse uccidere un drago come rito d'iniziazione può essere forse letto come il superamento delle sue paure di bimbo o di essere umano in formazione per diventare un adulto forte, con l'esempio di prodi del calibro di Beowulf e, attraverso la mirabile prodezza, ottenere il riconoscimento del valore vi rile, necessario all'accettazione sociale con la stima e l'ammirazione del gruppo. Il drago come rito individuale e sociale di passaggio all'età adulta, dunque. Inoltre, poiché il drago è una creatura di grande potenza, spesso affrontabi le solo da un'altra creatura mitologica, come un gigante o un eroe, si muta in una icona importante e ambita per mettere in risalto l'abilità almeno altrettanto straordinaria di un uomo. Così il drago diventa per gli eroi occidentali prova e premio supremi, quindi ricettacolo di aggressività. Ecco che i draghi diventano in molte culture - tra cui quelle indiana, greca e mediorientale - maligni e crudeli. Parallelamente troviamo in quelle stesse culture il mito del cavaliere e dell'eroe che uccide il drago, tanto che persino la leggenda di san Giorgio, martire cattolico che assurge a modello più noto di mito occidentale del drago, si richiama a esso, permettendoci un collegamento ideale tra Oriente e Occidente. Infatti si pensa che il santo vissuto nel III secolo morì aLydda, in Palestina (l'attuale città israeliana di Lod), e secondo la sua biografia narrata nel 1265 da Jacopo da Varagine nella sua Legenda Aurea, Giorgio salvò la figlia di un re libico da un drago. Ebbene, dalla storia di san Giorgio emergono interessanti richiami al mito greco di Perseo, che salva Andromeda da un mostro marino proprio presso Lydda. E a sua volta la storia di Perseo, come quelle di moltissimi altri cavalieri che salvano donzelle dalle fauci del draghi, presenta un canovaccio diffuso. In Occidente, dunque, è lunga la tradizione che vede il drago come essere malvagio e identificato con forze malefiche. E se non si deve al cristianesimo l'invenzione della sua uccisione - quanto piuttosto a un travisamento di precedenti culti animistici - è vero che di tale tradizione, come di altri miti e simboli di credenze precedenti, il cristianesimo si appropriò in maniera massiva ed efficiente.

San+Michele
Le teorie cristiane presero a considerare il drago come esacerbazioni dell'inferno, aggiungendo storie in cui il diavolo appariva sotto le spoglie di un drago (nei ceppi linguistici slavi la radice glottologica per le due parole è la stessa). Su quest'onda, nella letteratura rinascimentale i cavalieri, epigoni di san Giorgio e rappresentanti della purezza e del coraggio uccidono i draghi, simbolo del male. Per questi cavalieri c'era comunque in gioco una ricompensa ben più materiale: in Europa uccidere un drago significava appropriarsi degli immensi tesori che esso custodiva nella sua tana. Anche questo, però, è passibile di metafora, perché in Occidente il tesoro custodito dal drago è l'oro dell'anima, che giace nel caos primordiale delle energie, colto dallo sforzo eroico che si fa anche sforzo umano di ordinare il cosmo. Di conseguenza gli eroi ammazzadraghi sono individui con il coraggio e le risorse per cercare di redimere in se stessi quegli elementi psicologici che impediscono l'illuminazione. E l'amata donzella da salvare dalle grinfie del drago è in termine junghiano l' "anima": l'aspetto femminile yin dormiente di ogni mente mascolina yang.


Draghi europei
Il drago agli albori della scienza

Una nuova diatesi, di stampo moderno, si sarebbe frapposta tra Oriente e Occidente con il cammino della storia, nelle epoche in cui in Europa si produsse la lenta conversione dall'antico rapporto con la natura mediata dal mito archetipo a uno filtrato da e ricercato nell'analisi scientifica. La mentalità generale delle culture meno tecnologiche mantenne invece i valori densi di significato del portato simbolico e rappresentativo dei miti: per loro l'approccio aforistico, con leggende a non finire dai contenuti di verità e saggezza, rimaneva valido e senza macchia. A partire dal XVII secolo, gli scienziati europei - anticipando in qualche modo e in embrione la potente ventata razionalistica e antropocentrica del positivismo illuminista, con il suo esaltato primato del sapere ragionato - cominciarono a mettere in dubbio l'esistenza dei draghi, pur senza escludere del tutto quella di creature straordinarie. La sola apertura a questa possibilità diede luogo allo sbizzarrirsi della fantasia di imbroglioni. Nei Paesi europei fecero così la loro comparsa finti draghi costruiti con frammenti di vari animali, come topi, pipistrelli e serpenti. Alcuni di questi falsi sono ancora oggi presenti in musei europei, come il Tirol Landesmuseum Ferdinandeum di Heidelberg, che conserva una "lingua di drago" montata in argento. Essa fu portata nel monastero di Wilten da un crociato di ritorno dalla Terra Santa, ed è in realtà un rostro di pescespada. Si tratta comunque del prosieguo di credenze medioevali, epoca in cui non era rara l'idea che i draghi esistessero veramente. D'altro canto, gli artisti medievali rappresentavano con tratti fantastici, sorti dalla loro immaginazione, anche animali reali ma esotici, per i cui ritratti - non essendo esso mai stati visti dal vivo - si basavano sulle menzioni della Bibbia e su descrizioni orali. Eppure, ancora nel XVII secolo non mancava chi continuava a sostenere ipotesi bollate in seguito dagli scienziati come fantastiche. Uno degli esempi più rappresentativi è il celebre testo, diffusissimo tra i suoi contemporanei, di Eberhard Werner Happel, pubblicato tra il 1683 e il 1691 col titolo Relationes Curiosoe; si trattava per l'appunto di una raccolta di curiosità, in cui facevano la loro comparsa anche testimonianze sui draghi. Tra le sue affermazioni più interessanti vi sono quelle sulle origini di queste creature. Ebbene, Happel, escludendo che simili creature possano nascere da animali comuni, per quanto incrociati, decide di rifarsi nientemeno che a una controversa teoria geologica della sua epoca, l' "aura seminalis", o "principio spermatico". Con l'ispirazione di concetti come la "vis plastica" di Robert Plot e la "brezza seminale" di Karl Nikolaus Lang, il massimo assertore della "teoria spermatica" fu Edward Lhwyd(1660- 1709). Secondo questa teoria, losperma maschile di un animale poteva dare vita a una creatura, per quanto imperfetta, anche senza un utero femminile, bensì penetrando nella terra attraverso delle spaccature e ivi trovando il nutrimento necessario ("umidità salina di specie occulta"). È a questo punto che Happel intuisce come completare la propria elucubrazione: i draghi popolano luoghi remoti come le piaghe deserte, le caverne o i dirupi, luoghi che riescono a raggiungere solo aquile e altri uccelli da preda; qui essi portano le loro prede: altri uccelli, serpenti, agnelli, piccoli mammiferi, cani e persino bambini. I resti delle vittime marciscono nella terra, ma i loro semi vitali rimangono attivi e si uniscono tra loro e con quelli degli uccelli da preda. La creatura nata da questo miscuglio, attraverso quella che Happel chiamò "putrefazione fermentazionale", non poteva che avere una fisionomia straordinaria, che mostrava le caratteristiche dei singoli animali genitori: testa e coda di serpente, ali di uccello o di pipistrello, orecchie di coniglio. Ma già prima di Eberhard Werner Happel gli scienziati europei si erano occupati dei draghi: nel 1608 il naturalista Edward Topsell li considerava dei rettili, dalle numerose somiglianze con i serpenti. E in tempi più recenti, Peter Karl van Esling, direttore nel secolo scorso dell'Hague Zoo, dichiarò di aver visto coi propri occhi un drago d'acqua, mentre nel 1860 si trovava in viaggio nell'Atlantico per raccogliere specie marine: «Di colore blu chiaro e argento, .. occhi enormi e pupille verticali... testa adorna di creste blu chiaro e verde .. , lungo circa sette metri». Anche l'epoca contemporanea presenta un certo numero di testimonianze e di appassionati, estrosi studiosi,come Volodimir Kapusianyk, inventore della "Draconologia", Egli - che oggi, all'età di novantotto anni, risiede in una casa di riposo del Saskatchewan - afferma di aver visto l'ultimo drago esistente; si trovava in uno zoo viaggiante del Nebraska, era scarno, lungo a malapena due metri e mezzo e morì nel 1911. Kapusianyk si inserisce in una lunga teoria di descrizioni su una supposta fisionomia dei draghi.


Fisiologia del drago
Tra studi filologici, ipotesi pseudoscientifiche e voli pindarici, esce un ritratto del drago europeo assai variegato. Esistono infatti diverse razze di draghi occidentali, ciascuno con tratti propri ma con caratteristiche comuni. In molti testi sull'argomento il drago viene descritto come un rettile omeotermo. Secondo altri, invece, i draghi - proprio perché omeotermi - non sono rettili, non sono mammiferi perché covano uova e non producono latte, e non sono uccelli perché hanno scaglie e arti. Non resterebbe dunque che continuare ad attenersi alla coesistenza nel drago di caratteristiche di tutte queste specie. Il drago occidentale ha testa grossa, collo lungo, gambe sottili, coda massiccia e ali molto ampie. Queste, infatti, devono essere più larghe del corpo perché un drago possa avere la forza di sollevarsi e di volare. Sempre per facilitare il volo, le ossa dell'animale sono dure ma cave, il che - come negli uccelli - conferisce leggerezza al corpo. Il corpo del drago è coperto di piccole scaglie pentagonali dure e lucenti, grazie alla cheratina e a sostanze minerali (ferro soprattutto) di cui il corpo dell'animale è ricco. La funzione principale di queste escrescenze cornee è la protezione del corpo, ma ciò non toglie che esse siano ben articolate tra loro per agevolare i movimenti sinuosi. Poiché vanitoso, il drago è una creatura molto pulita e può rizzare le scaglie per pulirle, per sembrare più grande e incutere paura o per raffreddare la temperatura del corpo. I colori dei draghi sono estremamente vari e non uniformi, con prevalenza di tonalità di blu, rosso e verde. In alcune razze, in seguito a stati emotivi, le scaglie possono cambiare colore, grazie a una varietà di cromatina. Ma quando le scaglie stesse assumono una parvenza pallida e opaca, manifestano un chiaro segno di malattia. I draghi sono dotati degli stessi sensi degli uomini, solo molto più sviluppati. Grandi sono la loro intelligenza e la memoria, soprattutto nelle femmine, tanto che alcune di esse sarebbero state in grado di parlare e addirittura di intrattenere discussioni sofistiche, Secondo altri racconti, i draghi sanno compiere atti definiti magici, che in realtà sono usi della natura supernormali, consentiti dalla loro comprensione elevata del modo in cui agiscono gli elementi della natura. Così possono compiere prodigi come cambiare forma e dimensione, divenire invisibili o creare scudi di forza per proteggere i tesori ed effetti allucinatori indotti nei cacciatori di draghi. Tuttavia le due armi principali dei draghi europei sono gli artigli e soprattutto fuoco, ghiaccio o acido emessi dalle fauci. Nei draghi "sputafuoco" la fiamma tremenda deriva da una reazione chimica tra il gas metano creato dalla digestione degli alimenti e una piccola quantità di fosforo. Nei draghi "sputaghiaccio", invece, residui alimentari danno luogo a un gas simile all'azoto, che viene compresso e raccolto nei polmoni e poi, tramite una decompressione repentina, espulso dal la bocca a basse temperature, Infine alcuni draghi possiedono un organo particolare che produce un acido altamente corrosivo, emesso dal drago con una potente espirazione.

La società dei draghi
I draghi sono monogami e si accoppiano con lo stesso partner per tutta la vita. Loro malgrado, in varie tradizioni l'evento dà spesso luogo a fenomeni atmosferici violenti, come piogge e allagamenti. L'incubazione delle uova di drago può durare migliaia di anni (sebbene per alcune specie minori bastino pochi anni) e anche il periodo necessario a diventare adulti e riproduttivi è molto lungo, fattore che rende i draghi ancora più suscettibili di estinzione. I draghi, però, muoiono raramente di vecchiaia: piuttosto per malattie, incidenti o azione di nemici, tra cui il primo è l'uomo. Un altro awersario importante dei draghi è il millepiedi, che risale le narici dell'animale fino ad arrivare all'encefalo, uccidendolo. Questi animali tendono a essere solitari per natura, ma non esitano a vivere, se necessario, in gruppo. Le loro tane sono poste in caverne naturali di pietra, oppure vengono scavate nella terra. Per questioni di riservatezza e protezione, la locazione ideale è sulle montagne, tra i picchi più inaccessibili, anche a costo di fare poi lunghi viaggi per procacciarsi il cibo. Del resto, le esigenze alimentari dei draghi europei si limitano a un pasto sostanzioso - bovini, ovini e anche esseri umani - al mese. Nella tana del drago si trovano interi tesori di gemme, che gli fanno da giaciglio e dalle cui proprietà magnetiche trae energia. Anche per questo esso ama molto l'arte e i preziosi - sopratt utto l'oro, l'argento, le perle e pietre come diamanti, coralli e giada. Secondo alcune tradizioni il drago è pure un abile intagliatore di gioielli, tanto da adornarsene o costruirvi interi palazzi sul fondo dei mari.

Ideogramma+Drago



view post Posted: 23/9/2011, 13:52     +1I draghi del Nuovo Mondo: Quezalcoatl - About Dragons

I draghi del Nuovo Mondo: Quezalcoatl

Quetzalcoatl_1


La figura del serpente alato, che può ricordare alcune razze di draghi, è di
importanza capitale nei miti dell'America Centrale del periodo precolombiano.
La nota divinità Quetzal ha influenzato probabilmente il dio alato messicano Amphitere. Proprio in Messico, a La Venta, capitale degli Olmechi, un popolo di astronomi che abitava il Messico 3500 anni fa, è stata trovata una scultura di un serpente piumato; i miti autoctoni lo citano come divinità e lo pongono a fianco di uomini sapienti dalla pelle chiara, che si abbigliavano proprio come serpenti ricoperti di piume e che sarebbero giunti in Messico su grandi navi senza remi. Questi misteriosi individui dai tratti caucasici sono stati rappresentati a La Venta in venti grandi sculture. Presso i popoli dell'America Centrale il serpente piumato è visto come portatore di civiltà, maestro di astronomia e architettura. Ecco che secondo le leggende maya il dio serpente portò in Messico l'arte delle piramidi e, queste stesse leggende descrivono le piramidi come strumenti per trasformare l'anima dopo la morte, con vaghe correlazioni con l'Egitto. Proprio in Egitto, infatti, è stata trovata la rappresentazione di un'anima umana che riposa su un serpente piumato e negli antichi miti locali il drago Apep governava il mondo delle tenebre.

view post Posted: 23/9/2011, 13:41     +1Caratteristiche del drago orientale - About Dragons

Caratteristiche del drago orientale


In Cina il drago più diffuso e potente si chiama lung ed è il prototipo dei draghi orientali. Oltre a esso esistono altri tipi minori di draghi: il li, un drago senza dimora che vive sul l'oceano; il chioo, che vive nelle paludi ma ha la tana sulle ì montagne; il Drago del Tuono, che sembra fatto di ossidiana e può trasformarsi in un bimbo dalla pelle azzurro chiaro a cavallo di una carpa rossa. Il t'oo t'ieh, che ha una testa e due zampe anteriori, ma due corpi, con zampe posteriori e code separate; personifica l'ingordigia e viene di pinto sui piatti per scoraggiarla. Anche di lung esistono diversi tipi, tutti riuniti in un impero di draghi, alla cui reggenza stanno i Re Draghi, con compiti dirigenziali diversi: il Tien Lung, il Drago Celeste, protegge le dimore degli dei e regge il cielo; lo Shen Lung, il Drago Spirituale, genera e controlla per gli uomini il vento e la pioggia; il Ti Lung, il Drago della Terra, controlla i fiumi e le acque; lo Hsien Lung, il Drago della Pioggia vero e proprio; il Fu Ts'an Lung, il Drago del Mondo Sotterraneo, conosciuto anche come il "Guardiano dei tesori occulti", che fa appunto la guardia a gemme e metalli preziosi e regna sul sottosuolo. Qualche racconto cita anche il Pan Lung, che è il guardiano di luoghi nascosti. A questi si aggiungono il Drago Spiraliforme e il nobile Drago Giallo; nato dal fiume Lo, esso simboleggia il leggendario imperatore Fu Hsi, cui avrebbe suggerito, emergendo improvvisamente dalle acque del mare, gli elementi della scrittura, nonché gli otto trigrammi basilari che composero l'antico libro I-Ching. Esiste poi un drago che è conosciuto specificamente con il nome di "Re dei Draghi" ed è composto da quattro draghi minori, ciascuno dei quali domina un mare: il mare settentrionale, il meridionale, l'orientale e l'occidentale.

Tuttavia il dispensatore di tempeste oceaniche è un drago a sé stante, il Tun Mi Lung. Draghi diversi controllano pure quattro diversi fiumi, posti anch'essi ai quattro punti cardinali e a volte identificati coi quattro mari. Il comandante di tutti i draghi dei fiumi è il grande Chien Tang, che è color rosso sangue, ha una criniera fiammeggiante, ed è lungo decine di chilometri. Ogni drago appartenente alla gerarchia dei cieli deve recarsi una volta all 'anno al Palazzo Celeste per rendere conto della propria attività e degli eventi dell'anno passato, a seconda
del proprio compito. Appositi censori, allora, distribuiranno premi e punizioni e, nel caso in cui qualcuno venga licenziato e rimpiazzato, si segnala il nuovo assunto agli uomini tramite sogni, al che essi devono festeggiarlo. Neppure gli esseri umani, infatti, possono ignorare questa burocrazia e a seconda dei casi e delle gerenze vi saranno preghiere specifiche per il drago specifico.
A questo proposito, quando uno di essi è irato, per placarlo la gente usa appendere fuori dalle porte di casa fogli gialli con la sua immagine. Esiste infine una differenza importante nella rappresentazione dei draghi orientali, tra quelli a cinque, a quattro e a tre artigli. Sul numero di artigli si assiste a un curioso fenomeno campanilistico: secondo i cinesi i draghi nascono in Cina con cinque artigli, poi man mano che si spostano ne perdono uno: quando arrivano in Corea hanno quattro dita e in Giappone tre. I giapponesi, però, ribaltano il percorso, sostenendo che i draghi nascono nella loro terra con tre artigli, poi man mano che si spostano ne acquistano uno.

Il drago orientale ha un corpo serpentiforme molto allungato, con quattro arti e un'ossatura sottile. Come le leggende occidentali, anche l'iconografia orientale - ampiamente rappresentata in testi come il San Ts'oi T'ui Hui, del XVII secolo (dinastia Ming) - illustra il drago con attributi di animali differenti: corpo di serpente, scaglie di carpa, testa di cammello(o di mucca), corna di cervo, occhi di coniglio, orecchie di toro, lungo collo come un'iguana, addome di rana, tozze zampe di tigre e artigli d'aquila. Nella maggior parte dei casi una criniera leonina ricopre il collo, il mento e i gomiti. La grande bocca è affiancata da due lunghe vibrisse, che servono al drago anche per trovare la via sui fondali fangosi. Il corpo del drago - i cui colori variano dal verde, al blu al nero, al bianco, al rosso e al gial loor- è ricoperto da 117 scaglie, 81 infuse di energia yang e 36 di yin, che palesano la tempra dell'animale. Infatti il drago è simbolo dello yang e quindi della virilità. Il benefico equilibrio con l'elemento yin è assicurato dall'associazione con la tigre, con cui rappresenta pure la coppia cielo-terra. Accoppiato invece con la fenice, motivo assai ricorrente in Asia, il drago è anche simbolo di prosperità e lunga vita.

I draghi orientali vengono di solito rappresentati con una perla infuocata tenuta tra gli artigli, tra le fauci o sotto il mento, in una piega della gola. Apparentemente è il posto da cui il drago, soprattutto quello maschio - che per i cinesi è il più diffuso - trae la sua saggezza e il suo potere. La capacità di volare è invece dovuta generalmente al ch'ih muh, una protuberanza a mo' di vescicaposta sull'apice del capo. A parte casi eccezionali, infatti, il drago orientale non è dotato di ali, anche se queste possono spuntare tardivamente nei lung molto anziani. I draghi vengono avvistati raramente perché, oltre alla capacità di scomparire in un lampo e di variare le proprie dimensioni a piacere, saggiamente i nascondono in caverne montuose o sui fondali acquatici più profondi, dove riposano soprattutto nelle stagioni fredde; quando fa caldo, infatti, amano volare nel cielo.


Ciclo di vita del drago




I draghi orientali depongono le loro uova sulle rive di torrenti montani, fiumi o laghi; in genere occorre un migliaio di anni perché un uovo si dischiuda e l'avvenimento è sempre accompagnato da un temporale. Quando la prima crepa appare in un uovo, entrambi i genitori prorompono in alte grida; il grido del padre suscita i venti, mentre quello della madre li calma. Ecco così, ancora una volta, l'equilibrio di yin e yang. Ma quando l'uovo si schiude completamente e il cucciolo nasce, tempeste violente scuotono la terra. Anche la piena maturazione di un drago è una quest ione lunga, che richiede più di tremila anni, attraverso varie fasi: dapprima il piccolo ha l'aspetto di un serpente d'acqua, poi in cinquant'anni sviluppa una testa di carpa, diventando un Kiao. Nel corso dei mille anni seguenti diviene sempre più simile a un pesce: ora è grande come una carpa, ma la sua fisionomia è quella di un drago; ha quattro piccoli arti, una lunga coda', la barba e quattro artigli per ogni zampa; possiede delle orecchie ma è sordo e si chiama Kiao Lung. In altri cinquecento anni si sviluppano le corna, che gli servono per espletare una funzione
che è riconducibile all'udito, e prende il nome di Kioh Lung, il drago più comune. Dopo altri mille anni arriveranno le ali e la creatura si chiamerà Ying Lung. Secondo le leggende, la femmina di drago dà generalmente alla luce nove figli(numero mistico importante per l'Oriente)annidiata, ognuno con caratteristi che e personalità specifiche, le quali ispiranole diverse rappresentazioni. Non c'è accordo sui i loro nomi, ma secondo la maggior parte delle testimonianze sui cornicioni dei palazzi troviamo il temerario, avventuroso Hao Hsien, che adora arrampicarsi; spesso si nota l'immagine di un drago anche sui frontespizi dei tempii, perché si dice che questi animali siano sempre all'erta. Parimenti vengono poste immagini di draghi sui pinnacoli, soprattutto nella forma del fratello Chi Wen, che si diletta a contemplare le distanze. Sulle porte troviamo il drago Jiao Tu, dalle labbra strette come le valve di un mitilo, mentre sui moli e sulle arcate dei ponti, sebbene tutti i draghi adorino l'acqua, appare più comunemente Pa Hsia, che è un ottimo nuotatore. Il ritratto di Suan Mi, appassionato di fumo e fuoco, sta sulle gambe dei bruciatori d'incenso, là dove suo fratello Pi Hsi, robusto animale da soma, adorna le gerle e regge le basi dei monumenti. Sulle impugnature di spade e coltelli appare Ya Tzu, valente e bellicoso guerriero, mentre Pu Lao, amante dei suoni e forte urlatore quando attaccato, è rappresentato sulle campane, e l'appassionato di musica Chiu Niu sugli strumenti musicali a corda. Infine troviamo figure di draghi sulle tavole di pietra e sui libri, perché amano la letteratura e lo studio; sui cancelli delle prigioni, perché li intrigano le liti e i guai, e sul trono di Budda, per la loro propensione al riposo.


I figli umani del drago: gli imperatori




Oltre alla normale figliata, un drago - sia femmina che maschio - può accoppiarsi con un essere umano, allorché nascono uomini destinati a diventare re. I sovrani di molti paesi asiatici proclamarono di avere antenati draghi e uno degli appellativi con cui amavano essere chiamati era "faccia di drago". Altri sovrani si limitarono a eleggere i draghi loro protettori e si deve alla Cina, con la figura del "drago imperiale", la visione dell'animale come simbolo del potere regale. L'onore figliò la superbia e una legge statale stabilì che solo l'imperatore e il suo seguito potevano servirsi dell'immagine del drago a cinque artigli, di solito di colore giallo.
Poiché il drago cinese era incommensurabilmente saggio e si faceva benefico dispensatore celestiale di pioggia, esso poteva assurgere a metafora ideale dell'imperatore meritevole, il cui mandato divino, come mediatore tra cielo e terra, doveva assicurare il benessere dei sudditi. Il grande potere del drago poteva
essere trasmesso al popolo dal buon governo del sovrano. L'avvistamento di un drago era per lui cosa assai gradita, perché rappresentava il messaggio del Cielo al popolo, con cui gli si rendeva noto che il suo regnante stava facendo un buon lavoro.
Molte leggende sorsero sui rapporti tra imperatori e draghi, tanto che la gente prese a pensare che i primi avessero la capacità di mutare se stessi nei secondi. Eppure, nonostante questa grande considerazione che giunge alla venerazione, si esplica qui una delle apparenti contraddizionidella cultura estremo-orientale: anche tra gli asiatici si celarono assassini di draghi, mossi al dissacrante massacro nel nome dell'avida appropriazione del loro potere. Il sangue, il grasso, il cervello, la saliva, i denti e le corna del drago sono infatti considerati dai cinesi medicine miracolose, usate per curare di tutto.
Questa "dracofagia" ricorre anche nelle leggende europee, dalle quali 'si deduce che mangiare il cuore di un drago dà al consumatore la capacità di capire gli uccelli, la lingua del drago rende in grado di vincere ogni disputa verbale, mentre spalmare del sangue di drago sulla pelle protegge contro le fe rite, In generale, è proprio al sangue di drago che vengono attribuiti i poteri più ampi ed efficaci, Per i cinesi, i rimedi migliori sono ritenute le ossa, che peraltro sembrano piuttosto facili da trovare. Fino al 1927, infatti, interi villaggi cinesi simantenevano rinvenendole nel corso di scavi e vendendole. Quando una delegazione dell'American Museum of Natural History giunse in Cina per condurre indagini su queste voci, trovò con enorme disappunto interi magazzini colmi di quelli che per loro erano fossili di animalipreistorici, Gli scienziati americani ne acquistarono in gran quantità, donandone una parte al museo di Pechino e riservandone un'altra al museo di New York. Dopo questo episodio, la vendita di "ossa di drago" venne proibita, ma continua tuttora sul mercato nero. Anche la saliva dei draghi, che galleggia sulla superficie dei mari, è ottima per incidere l'oro e la giada e può concorrere alla produzione di ottimi profumi e incensi. In più, si dice che la carne di drago sia una vera prelibatezza, tanto che l'imperatore Huo è famoso per aver fatto cucinare un drago caduto sul suo palazzo durante una tempesta.


Nel segno del drago: il drago secondo l'oroscopo cinese


Poiché nell'oroscopo cinese esistono dodici segni zodiacali rappresentati ciascuno
da un animale e ciascuno associato a un anno di nascita, l'anno del drago ha luogo ogni dodici anni. In più, ciascun animale astrologico si associa a uno dei cinque elementi che per la cosmogonia cinese costituiscono simbolicamente l'universo.
Esisterà quindi un drago di metallo, uno di acqua, uno di legno, uno di fuoco e un drago di terra. L'anno conosciuto nel calendario cristiano con la data del 2000 è rappresentato nell'oroscopo cinese dal drago di metallo (chin lung). L'ultimo anno del drago di metallo è stato dunque nel 1940. Quello del drago è un anno fortunato,tuttavia per godere appieno dei suoi vantaggi si consiglia di prendere le cose con calma e pazienza, stando attenti alla propria salute. Il drago di metallo è quello dalla volontà più forte: inflessibile, ostinato e combattivo, anche a costo di ignorare i sentimenti altrui. È inutile cercare di convincerlo che una cosa non si può fare e se non riesce a ottenere appoggio, farà da solo. Del resto è portato al successo proprio perché rifiuta di accettare il fallimento. Una simile assenza di regole può favorirgli rapide scalate a posizioni di autorità, ma spesso a costo di distruggere relazioni importanti. Un vecchio manuale d'astrologia riporta:
«Le persone nate nell'anno del drago hanno ricevuto i doni della salute, dell'energia, del coraggio e dell'intelligenza. Parlano con sincerità e sono oneste. Il drago rappresenta il Più grande potere celestiale e, insieme alla tigre, ha l'influenza più benefica in senso astrologico. Simboleggiando la vita e la crescita, si dice che il drago conferisco le seguenti quattro benedizioni: virtù, ricchezza, armonia e longevità. Di tutti i segni, questo è il più eccentrico. Le persone del drago sono lavoratori eccezionali, ma a volte si prodigano per il male piuttosto che per il bene. I draghi sono sensibili all'adulazione, Collerici, eccitabili ed enormemente caparbi, evitano spesso il matrimonio, per affrontare in solitudine la vecchiaia».
Il segno del drago ha ottime relazioni con quello del topo, della scimmia e a volte del serpente, pessime col segno del cane.
Ancora oggi i draghi vengono mostrati in parate per celebrare il capodanno cinese, dal momento che l'immagine dell'animale impedisce agli spiriti maligni di infestare il nuovo anno. Si tratta di una delle manifestazioni più gioiose dell'ancestrale rapporto tra uomini e draghi, e anche se il drago non fu altro che un parto dell'uomo e della sua immaginazione, senza dubbio dobbiamo dare ragione ai popoli asiatici che se ne definirono figli, perché il drago si fece padre delle paure e delle istanze, delle forze e delle fantasie degli uomini, si fece loro simbolo, nel bene e nel male. Un velo di mistero ha sempre avvolto i draghi e sempre li avvgerà, ma non smetteremo mai di cercarli e di rappresentarli, perché i miti non sono che frammenti della vita interiore dell'uomo antico e in qualche modo conoscere il drago vuoi dire conoscere l'uomo.

Gli anni lunari del drago secondo l'oroscopo cinese:
8 gennaio 1940 - 26 gennaio 1941
27 gennaio 1952 - 13 febbraio 1953
I 3 febbraio I 964 - I febbraio 1965
31 gennaio 1976 - 17 febbraio 1977
17 febbraio 1988 - 5 febbraio 1989
5 febbraio 2000 - 24 gennaio 2001


view post Posted: 23/9/2011, 06:47     +1Vampire Knight - Anime&Manga
Quindi andrebbero in giro col coso alzato? O.o Il che fa presumere che tutti i vampiri siano morti eccitati...

view post Posted: 13/9/2011, 16:27     +1Vampire Knight - Anime&Manga
Mah, guarda, francamente penso che se esistessero dei vampiri strafighi certe ragazzine sceme farebbero anche di peggio, tipo rotolarsi per terra o saltargli direttamente addosso o giù di lì, poveri vampiri. ._."

Ma poi, se i vampiri sono "morti" non gli circola il sangue, se non gli circola il sangue, come gli fa ad alzarsi? O.o

view post Posted: 12/9/2011, 11:05     +1I Celti - La Mente & il Cuore

I Celti nel mondo


Non è semplice parlare dei Celti, in quanto si tratta di un popolo ancora oggi avvolto dal mistero. Storicamente collochiamo i Celti nel I. millennio a.C. ma le origini di questo popolo sono sicuramente molto più antiche. Geograficamente essi occupavano le zone a nord delle Alpi, l’Inghilterra, l’Irlanda, la Francia (soprattutto quella settentrionale) ed ebbero contatti con i Greci e i Romani. La loro cultura era, per alcuni versi, la medesima di quella delle altre popolazioni nordiche (Germani, Vichinghi, Norvegesi), da cui ereditarono, ad esempio, l’uso delle rune.
Dei Celti abbiamo poche testimonianze, alcune sono presenti nel De Bello Gallico di Giulio Cesare e in altre fonti classiche. I Celti non erano barbari, tutt’altro, erano un popolo civilissimo.

Erano un popolo molto pacifico ed erano molto legati alla natura; questo loro aspetto viene sovente associato a quello dei nativi americani. Le donne erano molto libere e coraggiose, ci si curava con le piante, la musica, la danza, con la cromoterapia e si credeva nel potere terapeutico di determinate acque. I Celti non edificavano templi poiché per loro la natura stessa era un tempio. Boschi, alture, laghi, stagni, sorgenti erano tutti luoghi in cui ci si poteva mettere in contatto con il divino. Il luogo sacro per eccellenza era il bosco, coniugato ad un profondo rispetto per l’acqua. Essi avevano moltissime piante ritenute sacre, le cui principali sono la quercia e il vischio. I Celti associavano la quercia al principio maschile ed il vischio a quello femminile. Il vischio era sacro in quanto mettendo le foglie nuove in inverno simboleggia la rigenerazione della vita. Questa pianta simbolica è arrivata sino a noi: a Natale si usa baciarsi sotto il vischio ma noi non sappiamo il perché: il vischio era sacro presso i Celti e questa sacralità è rimasta. I Celti consideravano la natura la madre sacra di tutti i viventi. Per loro tutte le forze della natura, anche le più sconvolgenti, erano una manifestazione di quella energia che tutto crea e tutto distrugge. Il mondo dei Celti non aveva dualità, non faceva distinzione tra sacro e profano, materia e spirito, corpo e mente: tutto veniva ricondotto ad un unico principio. Inoltre nella cultura celtica non esistono miti di creazione poiché loro vedevano il divino in termini ciclici, cioè il tutto è in continua evoluzione. Il principio unico ed increato veniva designato con il termine OIW e simboleggiato con il Sole.


Le fondamenta della mitologia celtica


La mitologia celtica ci è stata tramandata da fonti classiche e da monaci irlandesi che hanno messo per iscritto i dati tramandati oralmente: ciò vuol dire che queste informazioni possono essere state travisate. Le divinità celtiche sono molto simili a quelle greche, cambia solo il nome. Ad esempio Giulio Cesare associava il dio celtico Lugh a Hermes (che corrisponde al dio romano Mercurio). Altri personaggi numinosi furono invece assimilati dal Cristianesimo, come la dea Brigit, da cui nacqua Santa Brigida. Anche l’albero che noi addobbiamo a Natale è un ricordo delle popolazioni nordiche: il paganesimo germanico e scandinavo, infatti, comprendeva l’usanza di adornare un abete rosso con ghirlande, luci e dolciumi. La Chiesa ha cercato di contrastare questa usanza, ma invano. Ci sono comunque altre analogie con il Cristianesimo, questo perché vi fu, alla fine dell’impero romano, una sintesi tra cultura nordica e cultura cristiana. Le popolazioni nordiche infatti festeggiavano l’equinozio di primavera (che corrisponde alla nostra Pasqua). Il mondo presenta la forma di un uovo e presso queste popolazioni esso è associato alla frantumazione e a qualcosa di nuovo (il che simboleggia quindi la rinascita, la resurrezione). Questa rigenerazione è rappresentata dalla dea Ostsara (in tedesco Ostern, in inglese Easter, cioè colei che viene dall’est). Così come noi festeggiamo il Natale, i Celti festeggiavano il solstizio d’inverno. E’ ormai piuttosto noto, infatti, che Gesù non è nato il 25 dicembre e che questa è una data simbolica con cui si ricorda il giorno del sol invictus. Secondo i Celti, durante il solstizio d’inverno rinacque il dio Yule (che sarebbe il nostro Gesù).
Un’altra analogia è quella tra Adamo ed Eva ed Ask ed Embla, rispettivamente il primo uomo e la prima donna (secondo la mitologia nordica) creati da Odino, tramite un soffio.

Si afferma che alcune popolazioni celtiche non si cibassero di volatili. Non si sa di preciso il motivo ma molto probabilmente era per lo stesso motivo presente in culture animiste e sciamaniche, che considerano i volatili animali intermediari tra cielo e terra.
I Celti avevano il dono della chiaroveggenza e molte altre virtù che noi non possediamo più, come ad esempio l’apertura del terzo occhio. Essi sapevano che oltre alla parte esterna e visibile dell’uomo ve n’è una più interna, cioè l’essenza. Credevano, inoltre- secondo alcune fonti classiche - nella reincarnazione. I Celti ponevano poche barriere tra il visibile e l’invisibile e sostenevano che l’Aldilà fosse accessibile anche ai vivi.
Nella mitologia celtica un elemento molto importante è il drago. Il drago ha una forza bivalente: aiuta e distrugge. Esso rappresenta una parte di noi, precisamente i nostri difetti psicologici: infatti l’eroe deve uccidere il drago per liberare la fanciulla nella torre, che rappresenta la nostra coscienza intrappolata. Per diventare eroi bisogna vincere le proprie passioni e debolezze, cioè il drago che è in noi. I difetti, però, vanno superati in un certo modo perché servono a farci capire qualcosa. Talvolta il drago rappresenta la materia.

Chiunque abbia modo di avvicinarsi alla mitologia celtica (e nordica in generale) può facilmente notare che in essa vi è una certa componente notturna e tragica, per questo si parla sovente di crepuscolo degli dei. Invero il concetto di crepuscolo degli dei, presente anche nella mitologia norvegese, è ben più complesso. Il crepuscolo degli dei si definisce con la parola Ragnarok, termine composto da Ragna e Rok. Si tratta di due vocaboli islandesi traducibili con destino ineluttabile: è cioè la visione profetica della fine dell’universo, molto simile all’Apocalisse dei cristiani. Nel dodicesimo secolo gli Scaldi (poeti norvegesi) aggiunsero alcune sillabe, quindi invece di Ragnarok si ebbe Ragnarokkr, tradotta ambiguamente con crepuscolo degli dei. La civiltà celtica comprendeva una classe sociale molto importante: i Druidi.

Secondo Plinio la parola druido deriva dal greco druz che significa quercia. Gli storici hanno invalidato questa ipotesi ma non sarebbe improbabile, visto che la quercia era ritenuta sacra. I Druidi sono conosciuti come sacerdoti, ma invero erano molto di più: erano uomini di conoscenza, conoscevano in particolar modo le leggi della natura e le tramandavano all’aperto e oralmente; proprio per questo è molto complesso ricostruire il pensiero e il misticismo dei Drudi: non ci hanno lasciato nulla di scritto. Alcuni sostengono che i Druidi tramandavano i loro precetti oralmente per il fatto che probabilmente non conoscevano la scrittura ma questa ipotesi è forse falsa, perché in Gallia c’era l’alfabeto greco e le popolazioni nordiche, come i Celti, conoscevano anche l’alfabeto runico. Nei loro insegnamenti, i Druidi tramandavano la conoscenza della natura, le sue energie telluriche e cosmiche e le sue leggi. I Druidi insegnavano inoltre a venerare gli dei a non commettere ingiustizie e a mantenere sempre una condotta virile, così come un druido dichiarò allo storico Diogene Laerzio. La figura dei Druidi era pregnante nel mondo celtico, infatti essi esercitavano anche una funzione politica ed erano al vertice della piramide sociale. I Drudi potevano possedere anche delle ‘specializzazioni’ ed essere quindi sacerdoti, astrologi, maghi, uomini di scienza. Alcuni sostengono che i Druidi non fossero necessariamente dei bravi astronomi ma si deve tener presente che in queste civiltà antiche i saperi erano tutti collegati e c’era una forte coesione tra astrologia ed astronomia, quindi un druido esperto di astrologia conosceva sicuramente anche l’astronomia. Non a caso altre fonti sostengono esattamente il contrario, cioè che i Druidi possedevano larghe competenze astronomiche. L’animale più vicino ai Druidi era il cinghiale.
A onta di chi sostiene che quella dei Celti non può essere definita una civiltà, possiamo asserire che grazie ai Druidi quella dei Celti non solo era una civiltà ma anche un vero impero, unificato dal druidismo e dalla classe sacerdotale.

Secondo antichi storici, il Druidismo si sviluppa in Britannia ed in Gallia dove questi uomini di conoscenza avevano una grande fama come filosofi già dall’inizio del II sec. a.C. Abbiamo testimonianze dei Drudi da parte di Cicerone, Giulio Cesare e Diodoro Siculo. Quest’ultimo, parlando dei Druidi, li considera proprio dei filosofi. Periodicamente si tenevano delle assemblee dei Druidi appartenenti a varie tribù, che potevano essere anche in conflitto tra loro.
Il metodo divinatorio celtico era basato sulle rune, cioè su simboli utilizzati come lettere dell’alfabeto e utilizzate altresì per invocare divinità e per predire il futuro. Le rune non sono di origine celtica ma di origine germanico-scandinava e furono introdotte tra i Celti tramite i Vichinghi intorno al 100 a.C. Esse sono considerate a tutt’oggi un efficace metodo divinatorio perché basato su simboli (i simboli penetrano direttamente nell’inconscio, il loro messaggio è subliminale) e vengono utilizzate anche nella magia Wicca. Le rune venivano incise per lo più su pietre, ma anche su argilla, metallo e legno. Il vero significato delle rune è molto profondo e per questo non si può trasportare completamente nella mentalità dei giorni nostri, infatti originariamente ogni runa rappresentava un intero universo concettuale. La parola runa significa, non a caso, segreto e chi era in grado di interpretarle veniva considerato molto potente. Abbiamo testimonianze delle rune nell’opera Germania di Cornelio Tacito, il quale asserì che le divinazioni compiute con le rune erano molto più evolute delle altre.

Esistono tre sistemi runici: il Futhark più antico (24 rune), il Futhorc anglofrisone (29 o 33 rune) e il Futhark più giovane (16 rune). La parola Futhark deriva dalle prime sei lettere dell’alfabeto runico antico, ad ogni lettera corrisponde un suono e le prime sei lettere formano la parola Futhark. E’ interessante notare che alcune lettere del nostro alfabeto (ad esempio f, u, r, c, h, i , s, b) hanno una certa somiglianza grafica con i simboli runici corrispondenti a queste stesse lettere (ad esempio la runa corrispondente al suono B è graficamente uguale alla nostra B, solo che è un po’ più “appuntita”).

I Celti si dichiarano discendenti degli Iperborei, cioè la razza che ha preceduto gli Atlantidei. Gli Iperboerei derivavano, a loro volta, dai Polari, così chiamati perché dicevano di esser stati portati dalla stella Polare. I Polari vivevano nella calotta polare ma forse vi vivevano anche gli Iperborei e anticamente queste zone forse non erano state ancora rivestite dal Circolo polare artico. I Polari insegnavano la scienza del magnetismo e la canalizzazione delle energie (ad esempio la funzione dei menhir e dei dolmen era proprio quella di canalizzare energie e creare luoghi di forza), vivevano nell’isola di Thule nel periodo corrispondente al Cenozoico e Mesozoico, dove i libri di storia non vedono la presenza dell’uomo. Erano dei giganti ed in realtà sono stati ritrovati anche i loro resti (un adulto della nostra razza corrisponde ad un femore dei Polari) ma nessuno ce lo viene a dire. I Celti conoscevano la natura ed il cosmo nella sua interiorità, infatti nelle fiabe celtiche abbiamo molti giganti, gnomi, elfi, folletti: non si tratta di invenzioni nè di fantasia bensì di ricordi, poiché questi esseri esistevano davvero e forse esistono ancora ma noi non li riusciamo più a vedere.


Le fiabe celtiche
Fiabe e miti celtici


La Volpe e l'Oca

Una volpe aveva catturato una bella oca grassa che dormiva accanto a un specchio d’acqua.
Mentre l’oca starnazzava e fischiava, la volpe la schernì:
«Sì sì, schiamazza pure», disse la volpe, «ma se invece di essere io a tenere in bocca te, fossi tu a tenere me, cosa faresti?»
«Be’», disse l’oca, «è facile a dirsi. Congiungerei le mani, chiuderei gli occhi, reciterei una preghierina di ringraziamento e ti mangerei».
La volpe congiunse le mani, fece una faccia solenne, chiuse gli occhi e recitò la preghierina di ringraziamento.
Ma mentre lo faceva l’oca spalancò le ali e se la filò, allontanandosi sull’acqua.
«Ne farò una regola di vita», borbottò la volpe, leccandosi le labbra rimaste asciutte, «non pronùncerò mai più una preghiera di ringraziamento fino a che non avrò la preda nella pancia».


La Volpe e il Gallo

Un giorno una volpe e un gallo stavano conversando insieme. «Quanti trucchi conosci?», disse la volpe.
«Ne conosco tre», disse il gallo.
«E tu quanti ne conosci?»
«Almeno settantatré», disse, sprezzante, la volpe.
«Sono davvero tanti. Dimmene uno».
«Be’, mio nonno mi ha insegnato a chiudere un occhio e lanciare un forte grido».
«E che ci vuole?», disse il gallo. «Saprei farlo anch’io».
E chiuse un occhio e lanciò un grido fortissimo.
Ma l’occhio che aveva chiuso era quello vicino alla volpe, così la volpe lo afferrò per il collo e se lo portò via.
Ma una brava donna vide il gallo che veniva trascinato via e strillò:
«Lascia andare quell’uccello. E mio».
Allora il gallo sussurrò alla volpe: «Dille che adesso appartengo a te».
La volpe aprì la bocca per parlare e lasciò cadere il gallo.
In un baleno quello volò sul tetto della casa e, con un occhio chiuso, lanciò un grido formidabile.


L'Aquila e lo Scricciolo

L'aquila e lo scricciolo stavano verificando chi dei due potesse volare più alto.
Il vincitore sarebbe divenuto re degli uccelli.
Lo scricciolo partì per primo, dritto verso il cielo.
Ma l'aquila lo raggiunse, librandosi agevolmente in grandi cerchi nell'aria.
Lo scricciolo era stanco, così, appena l’aquila passò, zitto zitto si sistemò sull’ampio dorso dell’aquila.
Alla fine, l’aquila cominciò a stancarsi.
«Ma dove sei, scricciolo?», gridò.
«Sono qui», rispose lo scricciolo, «solo un po’ più in alto di te».
Fu così che lo scricciolo vinse la gara.


Fiabe celtiche: tra memoria storica e mito
di Aerendil


Cha mhisde sgeul mhath aithris da uair.
Una buona storia resta tale anche se viene narrata una seconda volta.

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C'erano una volta case immerse nei boschi, misteriose scomparse, vecchie megere affamate che attiravano bambini sperduti offrendo dolci, immensi draghi custodi di incredibili tesori. Chi crede che il Paese delle fate esiste davvero? Che ci sia qualcuno o qualcosa che vive immerso nelle oscure acque dei laghi delle Highlands scozzesi?

Io credo che ogni storia racconti una sua verità, e lo credevano anche i Celti.

Sembra che il territorio di origine di questa misteriosa civiltà sia la Germania sud-occidentale (la stessa zona in cui sono ambientate le favole dei fratelli Grimm e dove ancora oggi si trova la tetra “Foresta Nera”) , la Svizzera settentrionale e centrale, i territori del Reno fino a Colonia, l’Alsazia e la Francia orientale. Sotto la pressione dei Germani, che si stanno spingendo verso ovest fino alle rive del Reno, i primi Celti, il cui ceppo linguistico è quello gaelico, emigrano nel VI secolo a.C. in parte in Spagna, in parte nelle isole britanniche attraverso il basso Reno e la Bretagna.

In seguito al declino dei Celti presenti sul continente è proprio in Gran Bretagna ed Irlanda che la lingua e la cultura celtica continuano a sopravvivere fino ai giorni nostri, sebbene quasi solo come testimonianza storica. Nel corso dei secoli, in seguito all’espansione degli Inglesi, dei Vichinghi e dei Normanni, la storia dei Celti in Galles, Irlanda e Scozia diventa la storia di piccoli regni spesso in lotta tra loro o contro invasori stranieri. Influssi esterni disgregano la struttura preesistente della società celtica, mentre la cultura linguistica sopravvive solo tra la popolazione contadina. Tuttavia in Irlanda la mancanza di invasioni romane e sassoni contribuisce non poco al mantenimento dello stile di vita e delle istituzioni celtiche, che nemmeno la cristianizzazione dell’isola e gli assalti dei Vichinghi o degli anglo-normanni riesce a sradicare. L’influsso cristiano porta anzi ad una fioritura delle arti letterarie e manuali che consente agli irlandesi di conservare l’eredità celtica in molti ambiti della vita di tutti i giorni.

Durante il raduno di Drium Ceat nel 575, San Colombano conferma la posizione tradizionalmente ricoperta dai druidi all’interno della società irlandese: è in questo modo che una tradizione orale millenaria viene mantenuta e tramandata.

In Irlanda e Galles nel periodo feudale esistevano due tipi di cantori e narratori: i cantori di corte, provenienti dalla casta dei druidi, i bardi e un tipo di poeti e narratori il cui status non era regolato da leggi. I druidi erano inizialmente considerati veggenti, divennero poi poeti che esaltavano la fama del loro signore secondo regole poetiche rigide. I bardi in Galles indicavano un maestro poeta, in Irlanda un poeta di rango inferiore. Gli altri poeti erano liberi di scegliere la dizione, il tema e la metrica. La superstizione popolare attribuiva loro forze profetiche e di loro si sa molto poco. Si suppone fossero poeti senza mecenate, per scelta o meno, non ci è dato sapere. Sappiamo che questi cantori vagavano di villaggio in villaggio, raccontando storie sotto un albero o davanti ad un camino, a seconda della stagione. In questo modo, storie popolari, derivate da frammenti di antiche storie mitologiche risalenti all’età della pietra vennero tramandate fino ai nostri giorni. I loro principi poetici sono riassunti in un versetto del Llyfr Coch Hergest (Il libro rosso di Hergest):

Tre cose arricchiscono il poeta:

miti, forza poetica e una

riserva di vecchi racconti e versi.



Nel XIII secolo i cantori girovaghi furono presi a corte dagli invasori normanno-francesi penetrati nel Galles, probabilmente a seguito dell’influenza dei cavalieri bretoni che conoscevano il gallese e che ritrovavano in alcune storie delle versioni di fiabe già udite in patria. I “trovatori” o “finder” le traducevano poi nel francese dell’epoca e le adattavano al codice provenzale di comportamento cavalleresco. Fu sotto questa forma che si diffusero in tutta Europa.

E’ importante notare che la guerra civile inglese prima, e l’arrivo di Cromwell in Irlanda poi, fecero sì che in quei territori di lingua celtica, dove le “storie” venivano recitate in una lingua ufficialmente proibita (gaelico in Irlanda, gallese in Galles), questa letteratura assumesse anche l’aspetto politico di lotta culturale. La riscoperta della tradizione linguistica fu da allora sempre vista come un’arma politica, ed è così ancora oggi, basta pensare ai bretoni.

Una tradizione ormai affermata di narrazione orale e popolare e il desiderio di indipendenza nazionale hanno svolto un ruolo importante nella diffusione della fiaba nel territorio linguistico celtico. Se a questo si aggiunge il fatto che in linea di massima si trattava di territori isolati, abitati da contadini che solo in modo marginale venivano a contatto con i processi di industrializzazione e, più tardi, con i mass-media, possediamo tutti gli ingredienti per capire perché ancora oggi la tradizione di tramandare oralmente vecchie storie è così forte e radicata.

Parliamo di popoli vissuti in territori sostanzialmente ostili, di una civiltà che ha vissuto intimamente in contatto con le forze elementari della natura; la fiaba serviva a evocare, a esorcizzare e a comprendere fenomeni naturali e soprannaturali che avevano una parte preponderante nella vita quotidiana di tutti. Il filo conduttore di molte di queste storie infatti è la presenza del soprannaturale nella vita quotidiana, del mondo “parallelo” nel quale molti credono fermamente, di quelle creature che nella cultura anglosassone sono indicate con il termine di fairies: folletti, fate, goblin, leprecauni e così via.

Queste storie venivano raccontate durante le festività pagane, nelle notti di vigilia, nelle occasioni di ritrovo nelle lunghe notti invernali o in mare, gettate le reti e accese le pipe. L’arte di raccontare fiabe è chiaramente fiorita in un’epoca in cui c’erano ben pochi altri divertimenti e il racconto coinvolgeva con la stessa partecipazione bambini, adulti e anziani. Pare che i narratori di leggende si riunissero di sera e recitassero la stessa storia. Veniva poi presa una decisione: l’uomo che aveva apportato dei cambiamenti doveva conformarsi al verdetto generale.

Leggendo oggi le fiabe celtiche, raccolte dopo anni di pazienti e appassionate ricerche da parte di alcuni studiosi e collezionisti, si ha l’impressione di ritrovarsi di fronte ad un reperto archeologico dell’età del bronzo. Pochissime contaminazioni storiche ne alterano l’identità che è riuscita a tramandarsi nei secoli seguendo un filone che si ripresenta costante secondo una coscienza collettiva che doveva essere dominante in un antico periodo dell’umanità.

Nel 1888, nella premessa alla sua prima raccolta di fiabe pubblicata con il titolo di Fairy and Folk Tales of the Irish Peasantry, William Butler Yeats così scriveva: “perfino un giornalista crederà nei fantasmi se lo attirate dentro un cimitero a mezzanotte, perché siamo tutti visionari se andiamo a scavare nel profondo. Ma il Celta è un visionario senza bisogno di scavare”. La fiaba celtica ha rappresentato la letteratura di una civiltà e di una classe che per secoli ha visto gli eventi ripetersi immutabili seguendo un percorso costante di nascita, crescita, amore, sofferenza e morte. Ogni cosa diveniva un simbolo, ogni avvenimento aveva tutto il tempo di acquisire un significato, ogni storia rappresentava un frammento della propria esistenza, ogni leggenda il fondamento di miti senza età.

Aerendil


Bibliografia:

YEATS William Butler, Fiabe Irlandesi, Ed. Einaudi, Torino, 1989.

HETMANN Frederik, Fiabe Celtiche e leggende di tutto il mondo, Ed. Arnoldo Mondatori, Milano, 1991.

CARRARA Lorenzo, Elfi e streghe di Scozia. Ed. Arcana, Milano, 1989.

view post Posted: 7/9/2011, 09:29     +3Come inserire giochi flash su un forum - Help!
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CODICE
[FLASH=600,400]http://www.giochieflash.it/games/locale/it/game0002/562/game.swf[/FLASH]


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